MONTA LA PAURA DELL’ALTRO. CHE COSA POSSIAMO FARE ?

MONTA LA PAURA DELL’ALTRO. CHE COSA POSSIAMO FARE ?

26 Gennaio 2018 0 Di Orvieto Notizie

MILANO – 25 gennaio 2018 – La cultura può diventare uno strumento di crescita? La cultura può cambiare le cose? Arché pensa di sì. E allora, che cosa fare se nel nostro Paese, come nel resto d’Europa, ci si accorge che va montando la paura, l’opposizione, la chiusura nei confronti dell’altro, nei confronti dei più deboli? Arché se lo è chiesto e ha deciso di avviare un ciclo di incontri per far sì che il suo impegno sociale possa declinarsi anche in termini culturali, così da diventare pervasivo.

Il primo appuntamento è per sabato 3 febbraio alle ore 18 in CasArchè. Che cosa si farà?

L’idea è di leggere insieme alcuni testi, ma in futuro anche di guardare insieme dei  video, di condividere le idee, di immaginarsi iniziative da intraprendere come Arché.

Viviamo in una società dove l’altro è spesso considerato un pericolo, il diverso è una minaccia da cui dobbiamo difendercidice padre Giuseppe Bettoni, fondatore e presidente di Arché OnlusDal punto di vista delle dinamiche sociali risulta indubbiamente più facile e semplificatorio perseguire il vecchio modello del capro espiatorio sul quale scaricare le frustrazioni e le paure, sul quale far convergere tutte le magagne del nostro vivere piuttosto che guardare in faccia i veri problemi che sono endemici se pensiamo alla corruzione, al sistema malato e alle infiltrazioni mafiose nei diversi livelli delle istituzioni. E – continua padre Bettoni – se questo scaricare sul capro espiatorio che è sempre l’anello più debole della società è fatto da chi dovrebbe esercitare l’arte della politica per governare il bene comune allora la responsabilità è ancora più grande, oltretutto perché è da vigliacchi e da codardi opprimere il debole, lo straniero, il povero. Eppure noi siamo testardamente ostinati a credere che sia possibile trasformare la nostra convivenza che di civile ha sempre meno, perché governata dalla paura, dall’indifferenza, dall’odio e dalla violenza. Come si può fare questa trasformazione?”.

Cercheremo di rispondere proprio nell’incontro di sabato 3 febbraio. La riflessione prenderà spunto da due brani (in fondo al comunicato stampa). Il primo è dell’antropologo Bronislaw Malinowski, il secondo di Stefano Allovio, professore di antropologia all’Università Statale di Milano.

Troppo spesso i migranti sono rappresentati come persone bisognose, da assistere, aiutare, proteggereconclude padre BettoniSono schiacciati spesso in una rappresentazione vittimizzante e paternalista. Questi due brani ci aiuteranno a fare ragionamenti diversi. E personalmente dico: vederli camminare attraverso le Alpi, sui sentieri di alta montagna non con i doposci o le giacche di piumino, ma vestiti di coraggio, di forza, rivestiti della determinazione di chi parte, perché l’unico vero pericolo è tornare indietro, mi fa pensare che queste persone possono essere per noi un irresistibile imperativo a cambiare”.

Per informazioni e per indicare la propria partecipazione è possibile fare riferimento a Marta Fossati,volontaria di Arché e studentessa di Lingue e Letterature straniere all’Università Statale di Milano che ha contribuito attivamente ad organizzare l’incontro, scrivendole a martyfossati@hotmail.it.

Altre info: http://www.arche.it/it/p/9642/cultura-solidariet%C3%A0-incontro.html

I brani:

Dobbiamo studiare l’uomo e ciò che lo riguarda più intimamente, cioè la presa che ha su di lui la vita. In ogni cultura i valori sono lievemente diversi, la gente persegue fini diversi, segue diversi impulsi, desidera una diversa forma di felicità. In ogni cultura troviamo istituzioni diverse con cui l’uomo persegue i suoi interessi vitali, costumi diversi con cui l’uomo soddisfa le sue aspirazioni, codici di leggi e di morale diversi per ricompensare la sua virtù o punire le sue colpe. Studiare le istituzioni, i costumi e i codici o studiare il comportamento e la mentalità senza il desiderio soggettivo di provare di cosa vive questa gente, di rendersi conto della sostanza della loro felicità, è, a mio avviso, perdere la più grande ricompensa che possiamo sperare di ottenere dallo studio dell’uomo.

[…] Potrà nascere un sentimento di solidarietà; forse il modo di pensare ci sarà rivelato e avvicinato lungo cammini che non avevamo mai percorso prima; forse prendendo coscienza della natura umana in una forma molto lontana ed estranea a noi, una qualche luce si riverserà anche sulla nostra.

Bronislaw Malinowski, Argonauti del Pacifico Occidentale (1973)

C’è sempre un fondo di aggressività nel marcare i territori, nel disdegnare la spartizione, nel rifiutare l’incursione degli altri, nel pretendere di dissimulare, ridurre e controllare la diversità e la molteplicità una volta per tutte. L’antropologo raccoglie, raggruppa, ordina, compara, ma dalle sue cesta intrecciate vede fuggire da ogni lato l’irriducibile diversità e molteplicità della cultura umana. […] sarebbero allora i Pigmei a rassicurarli mostrando come queste fughe non abbiano molto a che fare con una mancanza di accuratezza, ma siano la misura della complessità e vitalità del tutto. Parafrasando Wittgenstein, direbbero che un recinto aperto è pur sempre un recinto, anzi, è il migliore dei recinti possibili in quanto contempla l’apertura. I Pigmei hanno molto da insegnare agli antropologi, anzi, i Pigmei avrebbero molto da insegnare a noi tutti.

Stefano Allovio, Pigmei, Europei e altri selvaggi (2010)

SU FONDAZIONE ARCHÉ ONLUS

Fondata nel 1991 da padre Giuseppe Bettoni, Arché Onlus si prende cura di bambini e mamme che vivono una situazione di disagio sociale e fragilità personale, con l’obiettivo di accompagnarli verso l’autonomia. Lo fa a Milano attraverso la Casa di Accoglienza di Porta Venezia e CasArché a Quarto Oggiaro, dove ospita mamme e bambini con problematiche legate a maltrattamenti, immigrazione, disagio sociale e fragilità personale, e attraverso i suoi appartamenti che offrono alloggio temporaneo a nuclei familiari in difficoltà. Arché porta avanti anche numerosi progetti di sostegno ai minori in ospedale e ai minori immigrati a Milano, Roma e San Benedetto del Tronto e può contare su una vivace rete di volontari.

Stefania Culurgioni

fonte: Ufficio Stampa – Fondazione Arché Onlus

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